Dove si trova l’Oro in Italia? La mappa.
Notoriamente l’oro è il bene rifugio per eccellenza. Ogni volta che la situazione economica volge al peggio, gli investitori, istituzionali o meno, si ricordano dell’assioma in base al quale è sempre bene avere una certa parte del proprio portafogli sotto forma di minerale prezioso.
Se in tempi normali dovrebbe attestarsi ad un decimo del complesso, in quelli di crisi il dato dovrebbe elevarsi invece in maniera significativa. La ratio è in fondo molto semplice: perché aggiungere pericoli in momenti già critici?
L’oro, però, oltre ad essere acquistato, può anche essere trovato, anche se il quantitativo disponibile per gli ardimentosi risulta sempre più scarso. Non a caso a livello mondiale operano aziende specializzate in scavi minerari in grado di favorirne il ritrovamento.
Anche in Italia è possibile trovarlo, in alcune zone dello stivale. Proviamo quindi a definire una mappa delle zone peninsulari che ne vedono una suggestiva presenza.
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Di seguito vi indicheremo dove si trova l’oro in Italia.
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Oro in Italia: le zone più prolifiche
Notoriamente, i Paesi che vedono una presenza significativa di oro sono la Cina, l’Australia e la Russia. Immediatamente sotto il podio si fermano poi altri noti produttori come gli Stati Uniti, il Canada e il Perù. Cui occorre aggiungere l’Indonesia, il Sudafrica, il Messico e il Ghana per formare la top ten.
Una classifica destinata probabilmente a non mutare, in considerazione del fatto che l’oro è un bene non solo finito, ma anche ormai in via di esaurimento.
Si prevede infatti che, con gli attuali ritmi di estrazione, entro una quindicina d’anni non se ne troverà più lungo il globo, se non in quantità abbastanza irrilevanti.
Soltanto la scoperta di nuovi giacimenti potrebbe invertire tale inerzia. Ne consegue che il valore del minerale prezioso è non soltanto destinato a rimanere stabile, ma anche a rafforzarsi. Soprattutto alla luce dei i tanti usi dell’oro, non solo sotto forma di preziosi, ma anche per scopi industriali.
Cosa dice la legge italiana
Come abbiamo visto, quindi, l’Italia non è un Paese che vanta una presenza significativa d’oro primario, termine con il quale si indica quello estratto dalle miniere.
Il discorso muta però nel caso dell’oro secondario, ovvero quello che è presente nei piccoli corsi d’acqua e nella sabbia di alcuni fiumi, prodotta dall’erosione e dalla dilavazione prodotte dalle acque sulle rocce nel corso del loro attraversamento.
L’acqua, in effetti, veicola l’oro, il quale provvede a depositarsi lungo il fondo del corso d’acqua per poi ricoprirsi di terra, sabbia e fango. Da qui può essere oggetto di filtraggio per la successiva raccolta in pepite, come del resto era prassi nel corso dell’ormai celebre corsa all’oro che caratterizzò il Canada dopo la scoperta del minerale nei fiumi Yukon e Klondike.
La domanda da porsi, nel caso dell’oro secondario presente lungo i corsi d’acqua italiani, è però la seguente: è possibile raccoglierlo?
A eliminare ogni dubbio in proposito è la legge n. 1443 approvata nel 1927, al cui interno viene sottolineato come tutti i beni del sottosuolo siano di proprietà statale. Quindi l’oro che si trova in Italia risulta di proprietà del Governo.
Chi abbia tratto il convincimento che la ricerca di minerale prezioso sia illegale, però, deve sapere che le sabbie aurifere non rientrano nel campo di applicazione del provvedimento.
Ne discende come logica conseguenza l’assoluta legalità delle operazioni tese a rintracciarlo, a patto che non vadano a contrastare i particolari regolamenti che ogni regione può darsi al riguardo.
Stabilita la base di discussione, è senz’altro arrivato il momento di andare a capire quali parti del territorio nazionale vantino significative presenze di oro.

Nord Italia
La parte superiore dello stivale è quella che, all’interno del nostro Paese, vanta la maggior concentrazione di giacimenti auriferi. La maggior parte dell’oro in Italia, si trova qui.
In particolare, è la Valle Padana a rappresentare una sorta di Klondike tricolore, grazie al fatto che molti fiumi e torrenti, dopo aver avuto origine dai ghiacciai dell’arco alpino vanno a gettarsi nel fiume Po.
Proprio qui, per effetto dell’azione erosiva prodotta dall’acqua che nel suo scorrimento va a scavare nelle rocce, i sedimenti, tra cui quelli in oro, provvedono a depositarsi a valle. Proprio dalle Alpi, e in particolare dal Monte Rosa, proviene la maggior parte del minerale che si deposita nella pianura.
Se nei torrenti è possibile trovare delle pagliuzze, tali da raggiungere qualche millimetro di dimensione, le pepite vere e proprie necessitano di maggiori profondità, quelle dove sono presenti i veri e propri filoni auriferi. A produrli è lo sgretolamento delle rocce, per effetto del quale i pezzi si staccano.
Proprio il Monte Rosa ha fatto da teatro a quella che molti hanno definita un’epopea e altri una tragedia. Siamo parlando degli scavi all’interno della miniera di Pestarena, andati avanti per decenni sino alla chiusura definitiva, avvenuta nel 1961.
Ad originarla fu la morte di quattro lavoratori a causa dello scoppio accidentale della dinamite che stavano trasportando. Si trattava di uno dei più grandi giacimenti auriferi del vecchio continente, con sessanta chilometri quadrati di gallerie.
E a dargli le dimensioni di una vera e propria epopea sono anche i documenti storici, in particolare quelli risalenti al 1291.
Proprio in quell’anno, il 16 agosto, infatti, venne firmato il trattato di pace e concordia di Saas Almagell tra i conti di Biandrate e gli abitanti delle vallate di Saas e Anzasca. Un patto peraltro esteso anche agli “homines argentarii”, ovvero i minatori che usavano il mercurio per l’estrazione dell’oro.
I primi a cercare il minerale nella zona, però, furono gli antichi Romani, i quali riuscirono a ricavare oro dai filoni minerari dell’Alta Valle Anzasca. Ad attestarlo è stato il ritrovamento, nella Miniera dei Cani, di una piccola campanella di bronzo di epoca romana.
Se la regione più generosa in assoluto è il Piemonte, anche in Lombardia, Veneto e Liguria è possibile trovare giacimenti primari, come in Val D’Aosta. Le mete più battute dai ricercatori esperti sono il Sesia, il Ticino, l’Orco, il Cervo e l’Elvo.
Ad esse occorre poi aggiungere la Riserva naturale speciale della Bessa, dove si è svolto il 32° Campionato mondiale dei Cercatori d’oro.
Centro Italia
Molto meno generoso il Centro Italia, sotto questo aspetto. Se per molti anni la Toscana è stata scandagliata in lungo e in largo dagli appassionati decisi a rinvenire pepite come fecero alcuni abitanti della regione in piena febbre dell’oro, trasferendosi in Canada, i risultati sono sempre stati molto deludenti.
In particolare, ad attrarre uomini e investimenti è stata la Maremma, ove però l’oro reperito è stato assolutamente al di sotto delle speranze.
Altra zona che ha attratto gli interessati è il Lazio, e anche in questo caso la realtà si è rivelata molto meno affascinante delle leggende locali.
Soprattutto nella zona del Monte Landra, che pure aveva destato l’attenzione di alcune aziende operanti nel settore della mineralizzazione. In realtà, però, si trattava di lamelle di Bronzite (o Diallaggio metalloide) il cui colore giallo bronzeo aveva tratto in inganno le popolazioni locali.
Ad attestare la deludente realtà è in particolare il Museo Storico dell’Oro Italiano, che possiede una notevole documentazione al riguardo.
Sud Italia
Per quanto riguarda la parte inferiore dello stivale e le isole, occorre ricordare come in Sardegna abbia chiuso nel 2008 la miniera di Furtei, nel Medio Campidano, ad una quarantina di chilometri da Cagliari.
Il sito ha fornito cinque tonnellate di minerale dopo l’individuazione del filone aurifero nella seconda metà degli anni ’80, prima di essere chiuso a causa dei danni ambientali provocati.
Nel 2002, invece, è stato scoperto il giacimento aurifero indicato al momento del ritrovamento come il più grande d’Europa, a Perdasdefogu. Un ritrovamento avvenuto proprio all’interno della base militare, ponendo quindi problemi di sfruttamento di notevole rilievo.
Quello del Poligono interforze del centro posizionato all’interno della provincia di Nuoro, non è peraltro il solo sito di questo genere. Ad esso occorre infatti aggiungere le scoperte di giacimenti a Osilo, ad una ventina di chilometri da Sassari, a Iglesias, a Sanluri e a Narbolia, in provincia di Oristano.
Una lunga serie di ritrovamenti i quali ormai da tempo stanno alimentando il mito della Sardegna come nuovo Klondike. Sicuramente siamo di fronte alla zona dove si trova più oro in Italia.
Quelli dell’isola sono comunque gli unici giacimenti auriferi di un certo rilievo scoperti in questa zona del nostro Paese. Se, infatti, ormai da decenni si continua a vagheggiare la presenza di oro ad esempio in Calabria, in particolare nella zona della Sila, non esistono effettive conferme al riguardo.