La decentralizzazione delle criptovalute è solo un’illusione?
La decentralizzazione delle criptovalute è uno dei capisaldi ideologici dell’innovazione finanziaria. Proprio su di essa si fonda la speranza di sovvertire un ordine che oggi esclude miliardi di persone di ogni parte del globo dalla possibilità di gestire il proprio patrimonio con strumenti tradizionali.
Con il trascorrere del tempo, però, hanno iniziato a farsi sentire i primi dubbi in merito. In particolare, è stato uno studio pubblicato dai ricercatori della Cornell University nel passato mese di giugno a seminare non poche perplessità. Andiamo quindi a vedere meglio la questione delineata dalla ricerca dei ricercatori di Houston.
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Cosa ha scoperto lo studio della Cornell University sulla decentralizzazione delle criptovalute
“Cooperation among an anonymous group protected Bitcoin during failures of decentralization”: questo è il titolo dell’analisi che ha rilanciato la discussione sul tema della decentralizzazione delle criptovalute. Uno studio il quale è andato a concentrarsi sul triennio tra il 2009 e il 2011, quindi gli albori del Bitcoin. Ovvero quello meno condizionato dalle mining farm che hanno in pratica confinato l’attività di gestione della blockchain di BTC a macchinari potentissimi, costosi e riservati a pochi produttori.
L’esito della ricerca regala in effetti una prima sorpresa: fra il lancio del sistema Bitcoin, avvenuto il 3 gennaio del 2009 e il momento in cui il suo prezzo d’acquisto del bitcoin ha raggiunto quota un dollaro, il 2 settembre del 2011, la maggior parte dei token sarebbe stata estratta da appena 64 miners. Ciò testimonierebbe come sin dall’inizio la decentralizzazione delle criptovalute sarebbe molto relativa. Almeno questa è la tesi degli estensori del rapporto.
Perché è importante la decentralizzazione delle criptovalute?
Il motivo per cui si ritiene molto importante la decentralizzazione delle criptovalute è in fondo molto semplice: in mancanza di un’autorità centrale, ci deve essere un meccanismo in grado di conferire fiducia ai partecipanti del sistema.
Se i nodi di una blockchain, la tecnologia su cui si basano Bitcoin e Altcoin, sono troppo pochi, si eleva in maniera sensibile la possibilità che degli attaccanti possano conseguire il controllo della rete. Raid di questo genere sono noti come attacchi 51% e possono permettere a chi li porta avanti di dare luogo ad operazioni fraudolente, in particolare il double spending. La doppia spesa, questo il termine italiano, consente in pratica di spendere lo stesso denaro virtuale per due o più operazioni. In pratica l’attacco 51% è pericoloso per due motivi:
- dimostra che la decentralizzazione è una semplice utopia;
- mina alle basi la fiducia dei partecipanti alla rete.
A quanto detto sinora, occorre aggiungere un altro dato destinato a fare scalpore: secondo i dati disponibili, al momento tre aziende (Foundry USA, F2Pool e AntPool) controllano il 52% della potenza di mining del Bitcoin. Se si coalizzassero potrebbero assumerne il totale controllo. Alla luce di questo dato la decentralizzazione delle criptovalute sembra un semplice presupposto ideologico non rispettato dalla realtà.
Quali sono le criptovalute più decentralizzate?
Sinora abbiamo visto come la decentralizzazione delle criptovalute sia un dogma sempre più contestato dagli studi. A questo punto non resta quindi che andare a vedere quali sono, almeno stando ai dati di nostra conoscenza, i token più decentralizzati in assoluto. La graduatoria è la seguente:
- al primo posto c’è proprio il Bitcoin. L’icona crypto attribuita a Satoshi Nakamoto vanta infatti più di 14mila nodi posizionati all’interno di moltissimi Stati. Un dato il quale spiegherebbe anche come mai la sua blockchain non sia mai stata sottoposta ad attacchi 51%, che avrebbero un costo spropositato;
- la seconda piazza è appannaggio di Ethereum, che vantava prima del Merge oltre 300mila validatori:
- il gradino più basso del podio è invece occupato da Dogecoin. Il celebre meme coin vanta infatti oltre 4700 nodi attivi, la maggior parte negli Stati Uniti;
- ai piedi del podio si ferma invece il più famoso dei privacy coin, Monero, che può vantare più di 2700 nodi attivi;
- infine, a chiudere la Top Ten dei progetti più decentralizzati è Litecoin, con circa 1300 validatori disposti a supportarlo.