Miniere d’oro in Italia abbandonate (Guida)

Se ti interessa scoprire quali sono le miniere d’oro in Italia abbandonate, dove si trovano e come sono state sfruttate in passato, te lo sveleremo in questo articolo.

Avere miniere d’oro rappresenta un notevole vantaggio per ogni Paese. Soprattutto alla luce della notevole importanza di questo minerale, non solo per la gioielleria, ma anche per scopi industriali.

Considerato che secondo le previsioni concordano nell’indicare l’esaurimento dell’oro disponibile entro una quindicina d’anni, l’importanza di questi siti è ancora maggiore. Anche delle miniere d’oro in Italia abbandonate nel passato, che sono oggi riscoperte a fini turistici.

Andiamo quindi a vedere quali sono le più importanti in Italia.

Miniere d’oro in Italia abbandonate: dove si trovano

L’Italia non è considerata un grande produttore d’oro, a livello globale. Anche il nostro Paese, però, nel passato è stata oggetto di sogni più o meno concreti, che tornano ogni tanto a fare capolino nell’opinione pubblica.

Tra le miniere d’oro in Italia abbandonate, ce ne sono alcune che in determinati momenti hanno avuto notevole importanza. Se non si può parlare di febbre dell’oro in Italia, più di qualche speranza è sorta anche lungo lo stivale, nel corso dei decenni. Proviamo quindi a fare una mappa delle miniere d’oro in Italia abbandonate che possono essere considerate alla stregua di un rimpianto.

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Pepita d’oro

Miniera di Pestarena (Piemonte)

Il primo sito minerario da prendere in considerazione è quello di Pestarena, posizionato sul Monte Rosa. Tra le miniere d’oro in Italia abbandonate è sicuramente quella di cui si è discusso maggiormente, a causa degli eventi che hanno trasformato un’epopea in tragedia. Al suo interno, infatti, gli scavi sono proseguiti sino al 1961, anno in cui morirono quattro lavoratori. Una morte del tutto accidentale, provocata dallo scoppio fortuito della dinamite che stavano trasportando.

Per capire meglio la sua importanza, occorre sottolineare che era dei più grandi giacimenti auriferi del vecchio continente. Lo sfruttamento dei tanti chilometri quadrati di gallerie, circa sessanta, era del resto stato iniziato dagli antichi Romani. La loro presenza in zona è comprovata dal ritrovamento di una campanella di bronzo risalente alla loro epoca, nella Miniera dei Cani.

A questo ritrovamento d’eccezione occorre anche aggiungere i documenti storici, a partire da quelli risalenti al 1291, anno in cui fu siglato il trattato di pace e concordia di Saas Almagell tra i conti di Biandrate e gli abitanti delle vallate di Saas e Anzasca. Il patto prevedeva appunto lo sfruttamento della miniera, che sarebbe durato per secoli.

Miniera di Chamousira (Valle d’Aosta)

Pochi lo sanno, ma tra le miniere d’oro abbandonate in Italia c’è anche quella che all’inizio del secolo passato era considerata la più produttiva a livello mondiale. Stiamo parlando di Chamousira, il sito posizionato sulla sinistra orografica della Val d’Ayas al momento attrezzata per visite guidate in assoluta sicurezza. Per effettuarle occorre effettuare la prenotazione e, soprattutto, attrezzarsi di giacca a vento e scarpe a suola scolpita.

La miniera di Chamousira è entrata in attività soltanto nel 1899, assumendo però immediatamente grande rilevanza. Organizzata su sette livelli, era concepita per lo sfruttamento del filone aurifero di Fenilliaz. L’oro estratto al suo interno era oggetto di trasporto attraverso le gallerie e le discenderie, che lo portavano alla teleferica adibita al trasporto sino alla laveria, a Ponteille. Si calcola che la sua produzione d’oro ammontasse a circa 4 tonnellate nei primi anni del Novecento.

Dalla stessa Val d’Ayas proviene, almeno stando alle ricostruzioni effettuate, anche l’oro depositato sulla Serra di Ivrea, anch’esso sfruttato in epoca romana, nel II e I secolo a.C., ove è posizionata una delle miniere d’oro più importanti nella penisola, quella della Bessa. A trasportarlo sarebbero stati gli imponenti ghiacciai che, erodendo la valle hanno raggiunto la morena di Ivrea, depositandovi il minerale.

Miniera d’oro di Macugnaga (Piemonte)

È invece dislocata in Valle Anzasca, nella località Fornarelli di Macugnaga, la miniera della Guia, attualmente trasformata in un vero e proprio museo. Una funzione assunta dopo la fine del suo sfruttamento, che ha raggiunto il massimo tra la fine della Prima Guerra Mondiale e il periodo immediatamente successivo alla seconda.

La miniera di Macugnaga ha iniziato la sua attività nel 1710, raggiungendo le 40mila tonnellate di minerale grezzo nel 1942, pari a 408 chilogrammi di oro puro. Un risultato superato nel 1948, quando i chili di oro puro furono 580.

Nel corso degli anni ’50 all’interno del sito erano impiegati circa trecento addetti, che però videro a poco a poco scemare la loro produttività a causa della mancanza di tecnologie adeguate. La chiusura definitiva è arrivata nel 1961, lasciando il posto alle visite guidate lungo il chilometro e mezzo del percorso ideato per i turisti.

Miniera d’oro di Furtei (Sardegna)

L’ultima delle miniere d’oro abbandonate presenti in Italia ad aver cessato la propria attività, è stata quella di Furtei, situata ad una quarantina di chilometri da Cagliari, nel Medio Campidano. Il lavoro al suo interno ha fornito cinque tonnellate di minerale dopo l’apertura del sito, avvenuta nel 1991. Inaugurazione avvenuta ad opera della Bronte Holding e General Resource, una società australiana specializzata nel ramo.

Le cinque tonnellate d’oro estratte, sono però costate care agli abitanti del luogo. Dopo la scomparsa degli australiani, avvenuta nel 2008, si è scoperto un lascito pesantissimo sotto forma di liquami tossici da smaltire. Il ricordo è visibile nei due chilometri di metri cubi di veleni, rimasti a carico della comunità.

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Dario Marchetti

Blockchain Expert & Crypto-Specialist. Laureato in Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, scrivo per RomaFinanza su argomenti di crypto-economy, blockchain, NFT, materie prime.

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