Terre Rare in Italia: cosa sono, dove si trovano, valore

Le Terre Rare rappresentano una grande risorsa per i Paesi che hanno la fortuna di averne. Il motivo è da ricercare nel fatto che sono necessarie in alcuni ambiti tecnologici molto particolari, ad esempio per i magneti, i superconduttori, le fibre ottiche. Soprattutto, però, sono presenti nei computer e negli smartphone, ove ne necessitano grandi quantitativi.

Le Terre Rare sono tornate d’attualità ultimamente grazie alla scoperta del più grande giacimento mondiale, in Giappone. Una scoperta che ha spinto molti nostri connazionali a chiedersi se siano presenti Terre Rare in Italia. Andiamo quindi a vedere la questione, per cercare di dare una risposta al quesito.

Terre rare in Italia: i giacimenti di antimonio e titanio

Esistono Terre Rare in Italia? La risposta è negativa. Nonostante alcuni errati titoli di giornale, nel nostro Paese sono presenti giacimenti molto importanti di antimonio e titanio. Ovvero di quelli che tecnicamente sono metalli rari.

Di questi giacimenti si è parlato molto negli ultimi anni, per la loro rilevanza. Sono infatti i più grandi a livello europeo e i secondi a livello mondiale. Possono quindi essere fonte di ricchezza per un Paese che non abbonda di risorse minerarie. Indicarli come Terre Rare in Italia è però tecnicamente sbagliato. Un errore indotto da una sorta di frenesia che si è diffusa anche da noi a proposito di questi minerali i quali stanno assumendo un’importanza sempre maggiore.

La speranza, proprio alla luce di quanto scoperto in Giappone, è che le Terre Rare in Italia possano diventare una realtà nei prossimi anni. Una speranza che però potrebbe essere disattesa dalle resistenze delle popolazioni locali ad ogni ipotesi di ricerca in tal senso.

Utilizzo

Come abbiamo già ricordato, le Terre Rare sono utilizzate in alcune produzioni tecnologiche, in particolare nei computer e negli smartphone. Il disprosio, a sua volta, viene utilizzato per la costruzione di motori per i veicoli ibridi e negli hard disk dei pc. All’interno degli schermi televisivi al plasma è invece contenuto l’europio, mentre altri metalli del gruppo sono impiegati nell’industria bellica.

Gli impieghi che abbiamo ricordato fanno agevolmente capire la loro rilevanza. Tanto da essere diventate uno strumento di lotta politica, con la Cina, maggior produttore globale, pronta a bloccarne l’esportazione. Proprio per questo motivo la scoperta del nuovo giacimento giapponese, che potrebbe ricoprire integralmente le necessità di mercato per secoli, è stata salutata con entusiasmo.

Prezzo

Il controllo della produzione di questi metalli da parte della Cina ha consegnato al gigante asiatico una posizione di dominio sul mercato. Occorre infatti considerare che la richiesta di Terre Rare in Italia e in molti Paesi è estremamente elevata. Una situazione la quale ha reso estremamente volatili i prezzi di questi minerali.

In particolare, il picco in alto si è avuto nel corso del 2011, quando la Cina decise di bloccarne l’esportazione verso il Giappone, per due mesi. Il successivo accordo raggiunto all’interno del WTO (World Trade Organization) permise ai prezzi di sgonfiarsi. Al momento la loro quotazione va dai 450 dollari per 100 grammi di disprosio ai 1800 necessari per analogo quantitativo di terbio, salendo in maniera astronomica per l’europio, per cui sono necessari 20mila dollari.

Investire in terre rare con ETF

Per chi intende investire in Terre Rare in Italia, non è naturalmente necessario acquistare la materia prima. Si può infatti far ricorso agli ETF (Exchange Traded Fund), i fondi a gestione passiva che vanno a replicare l’andamento di un sottostante, che può essere una materia prima o un indice.

In particolare, è possibile fare ricorso al solo ETF al momento rivolto alle Terre Rare, ovvero VanEck Vectors Rare Earth and Strategic Metals UCITS ETF. Il fondo in questione ingloba al suo interno titoli di società che hanno investito nei metalli rari e replica il MVIS Global Rare Earth / Strategic Metals Index. Si tratta di un indice a capitalizzazione il quale provvede a distribuire al meglio l’esposizione dell’investimento. Per conseguire questo risultato il peso di ogni azione può raggiungere un massimo dell’8%.

Il fondo è formato da appena 21 titoli, la maggior parte dei quali emessi da società cinesi, australiane, canadesi e statunitensi. Proprio le aziende cinesi costituiscono il 35% del totale e si tratta di un dato da tenere a mente, alla luce dell’importanza del colosso asiatico nel settore.

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Dario Marchetti

Dario Marchetti

Blockchain Expert & Crypto-Specialist. Laureato in Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, scrivo per RomaFinanza su argomenti di crypto-economy, blockchain, NFT, materie prime.

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